Si era seduto sulla scogliera. Guardava la brace di quella sigaretta che non fumava. Lo raggiungevano gli spruzzi nebulizzati delle onde più fragorose, e il mare gli entrava nell'anima e gli parlava. Era sopravvissuto alla fine uscendo da una porticina laterale ed era tornato lì, ad ascoltare dal mare quante volte e in quanti modi era morto, e quante volte e come era rinato. Questa volta non era stata una perdita o un distacco. Il suo corpo gli stava parlando e lui non riusciva a sentirlo, finché non aveva urlato.
La vita gli aveva già insegnato più volte a quali emozioni e passioni dare ascolto, a buttare il superfluo, ad aprirsi al nuovo senza dimenticare nulla del passato. Eppure stavolta non era stato capace di sentire quell'urlo interiore, che invece aveva udito così distintamente nei distacchi più laceranti. Si chiedeva se aveva fatto nuovi errori, se aveva inseguito miraggi senza importanza. Voleva dal mare un nuovo modo di ascoltare la vita. Voleva che il mare gli insegnasse ancora a leggerlo negli occhi delle persone care.
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Giorgio, 28 agosto 2013