Chi prova interesse e partecipazione civile credo guardi con disapprovazione il degrado del confronto politico, e osservi con sgomento la perdita di ideali e il declino morale che ne consegue.
La prima impressione è quella di un’ incapacità del paese di reagire, come se ci fosse condiscendenza verso comportamenti politici o stili di vita individuali in contrasto con le auspicabili modalità di gestione del potere e di conduzione della cosa pubblica.
Da un lato sembra che una larga fetta di persone, persa la fiducia nella politica e nella sua classe, si lasci pigramente cullare dalle opinioni preconfezionate imposte dal sistema mediatico; dall’altro, se l’Italia non è ancora crollata, è solo perché esiste un Paese che conosce il rigore, il dovere e la dignità. Ci sono ancora italiani capaci di dare sé stessi con intensità e senza risparmio: donne e uomini che hanno attraversato gli anni della crescita economica e del declino, dei blocchi contrapposti e della cortina di ferro; sopravvissuti alle ideologie, alla contestazione, al terrorismo, alla partitocrazia e alla seconda repubblica.
Donne e uomini così: che hanno imparato attraverso l’impegno sui libri o in bottega a fare la propria parte e hanno continuato con senso del dovere nella vita e nel lavoro; abituati a dare importanza ai fatti più che alle parole, anche se nelle vicissitudini della vita hanno trovato parole che li hanno scolpiti come rocce; che non credono né ai mai né ai sempre, soprattutto a quelli declamati con solennità, anche se nei momenti di difficoltà hanno scoperto dentro di sé silenziosi sempre che hanno illuminato il loro approdo, consentendogli di non perdersi o arenarsi.
Donne e uomini così: che non si lasciano sedurre da false vanità e rifiutano le scorciatoie, perché non è importante dove si arriva o cosa si fa nella vita, ma come ci si comporta nel cammino; che accettano le loro sconfitte rialzandosi e proseguendo per la loro strada. La loro vera sfida è con sé stessi e, pur consapevoli di disporre spesso di mezzi inferiori, entrano in competizione con i più forti, convinti di saper trovare quelle energie e quella creatività che altri non avranno mai.
Non si impegnano per arraffare, ma per guadagnarsi giorno dopo giorno una nuova stima di sé stessi, e si tengono lontani dal meccanismo di selezione della classe politica, perché è un sistema chiuso e autoreferenziale che rende penoso e mortificante l’iter che dovrebbe portare le persone migliori ad occuparsi di tutti.
A queste donne e uomini sembra assurdo che l’Italia possa farsi condizionare così pesantemente dagli interessi personali e dalle sorti di uno solo, quando hanno prova quotidiana del fatto che ci sono migliaia di persone che grazie alle loro indubbie potenzialità culturali e intellettive, imprenditoriali o organizzative, attraverso la capacità di dialogo e di coinvolgimento delle migliori menti in circolazione, potrebbero rendere maggior servigio al Paese.
Per questi italiani sono inutili le parole vuote. Diffidano dei discorsi altisonanti e delle enunciazioni di elevati principi, quando è così evidente la differenza tra questi e la realtà di tutti i giorni, ma sono pronti a “rimboccarsi le maniche” e a ricostruire sulle macerie, se la prossima casa sarà una casa di tutti.
Non sono più né di destra né di sinistra, classificazione stucchevole e noiosa, ma solo persone serie, e in questi anni hanno imparato anche questo: che il successo e i milioni non creano automaticamente uno statista.
Sono interessati ad ascoltare un discorso serio, se solo ce ne fosse uno. Un discorso che li inviti a guardarsi tra di loro e li faccia di nuovo sentire una comunità, con un nuovo compito da svolgere, un nuovo progetto grandioso da realizzare insieme. Nessuno si tirerà indietro, per quanta fatica e sacrificio possa costare, se saranno certi che lo sforzo sarà diviso tra tutti e che gli sciacalli saranno rigorosamente puniti.
Non ci sono oggi altre forze politiche popolari che possano raccogliere questa sfida: tocca al Partito Democratico. A nessun altro. Ad esso rivolgo quindi l’esortazione a trovare al più presto anche un nuovo messaggio per descrivere cosa fare, un messaggio che conquisti il cuore di questo Paese e faccia risorgere negli animi stanchi e delusi nuova speranza ed entusiasmo, capaci di spazzare in un istante la brutta immagine che oggi ci sembra avere di noi stessi.
Non abbiate paura di parole nuove, non abbiate paura di abbandonare porti in cui vi sentite sicuri.
C'è un intero Paese che non aspetta altro che un moto di coraggio, a cui dare forza e vigore.
Non lasciatelo spegnere.
_________________________________
Giorgio Alessandrini, 18 maggio 2011