martedì 3 dicembre 2024

Renzi: una rivoluzione alla prova dei fatti

Non è di Renzi che ci dobbiamo fidare, ma di noi stessi

Renzi: una rivoluzione alla prova dei fatti
“Se falliremo sarà soltanto colpa mia”. Abbiamo ascoltato parole nuove che, per una franchezza a volte al limite della brutalità, risultano rivoluzionarie se non altro nei confronti della prassi. 

Non un Presidente curvo su fogli preparati per tempo, a declamare la lunga litania delle citazioni obbligate, delle doverose dichiarazioni di intenti poi inevitabilmente disattesi; non la solita immagine di un rito polveroso e ormai poco credibile, ma la scioltezza di un discorso a braccio, con un viso aperto che si rivolge agli astanti e non si ripara dietro una pila di fogli che ogni persona all’esterno dell’aula considererebbe solo parole al vento. 

Si sono scandalizzati i notabili custodi del cerimoniale? Anche quelli appena arrivati che usano assaltare i banchi della presidenza? Sono rimasti delusi i cultori dell’accenno al problema territoriale o particolare? Pazienza. 

La sostanza della situazione italiana sta tutta in quelle sei parole pronunciate da Renzi: “Se falliremo sarà soltanto colpa mia”. 

Guardiamoci in faccia, noi italiani. Lo sappiamo noi come lo sa lui. Non usciremo dal gorgo se non ritroviamo il senso della responsabilità individuale e collettiva, se non mettiamo il coraggio a disposizione delle nuove frontiere, smettendola di difenderci psicologicamente dalla paura dell’ignoto. 

Non è di Renzi che ci dobbiamo fidare, ma di noi stessi. Forse oggi inizierà un nuovo cammino per tutti. Non abbiamo alternative al cambiamento. Dove saremo e quello che faremo non dipende da lui, ma da noi. Questo Paese ha bisogno di persone che rispondono di quello che fanno, nel bene e nel male. Ha bisogno di scrollarsi dalle spalle l’idea sbagliata che le posizioni acquisite siano inamovibili per sempre, perché nella vita è vero il contrario, e il suo senso lo si trova cadendo e rialzandosi, ricominciando da zero. 

Alla fine non è Renzi che salverà gli italiani. Lo faremo noi stessi, se smetteremo di sentire il rumore assordante di un Paese stravolto e nel silenzio ascolteremo la voce dentro di noi, ritrovando il senso delle cose vere.

A molti non piacciono le posizioni di Renzi perché non le trovano abbastanza di sinistra. Si sono fatti la loro idea di cosa debba essere la “bella sinistra” e non si smuovono da lì. Considerano un corpo estraneo chi assume posizioni meno intransigenti. Non li sfiora il dubbio che una sinistra come piace a loro in Italia non sia maggioritaria, ma solo di rispettabile ed inutilizzabile testimonianza. Non si ricordano che se ci fosse una tale sinistra (il vecchio PCI?) finirebbe per non realizzare mai neanche parzialmente quelli che dovrebbero essere gli ideali della sinistra, e cioè il miglioramento, rispetto a quelle attuali, delle condizioni di vita e delle prospettive future per le persone più deboli, quelle che il sistema economico tende a sfavorire. 
Si adeguano alla linea del partito e votano la fiducia di malavoglia, forse più attenti alle posizioni personali che allo scopo concreto e reale dell’azione politica: modificare il Paese, risollevarne le sorti, riagganciare la ripresa e favorire l’occupazione, la circolazione della moneta, la creazione di reddito e la sua redistribuzione a favore dei meno abbienti. 

Altri non ne approvano le ipotesi di nuova architettura istituzionale, considerata l’ultimo baluardo da salvaguardare prima del crollo finale. La fortezza Bastiani della Repubblica. Attenti ai pericoli di derive populistiche e totalitarie, difendono strenuamente l’esistente, impermeabili ad ogni ipotesi di miglioramento, come se fosse meglio crollare senza lottare piuttosto che darsi almeno una speranza. Dai social network spesso appare l’immagine di un paese sfibrato e sfinito, lacero e incattivito, alla ricerca di soddisfazioni e sogni che la politica non riesce a dare. 

Da parte mia, non ho voglia di unirmi agli scettici. Voglio guardare questo Paese con la determinazione con cui svolgo la professione nella mia azienda. Attento ai conti, rigoroso con le uscite, veloce con le decisioni, anche se sofferte. Impegnato, ogni giorno, a salvaguardare la redditività e con essa il futuro di un mondo che ci gira intorno. 

Mi aspetto decisioni immediate, già da domani. Alcune di impatto mediatico più che di sostanza, ma in grado di far capire immediatamente che l’aria è cambiata e che non si guarda in faccia nessuno. Altre meno veloci, ma in grado di agire in tempi brevi sui gangli strutturali del Paese.
Più che a Renzi, lo auguro a tutti noi. 

_________________________________
Giorgio Alessandrini, 27 febbraio 2014

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Giorgio Alessandrini

Analista dati delle politiche per il lavoro per la Regione Emilia-Romagna. Ex funzionario amministrativo di INA-Assitalia, poi Generali. Appassionato delle vette e del mare; di emozioni; della vita. E di politica come strumento di risoluzione dei problemi reali.

© Giorgio Alessandrini 2017
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