Renzi, il rinnovamento e la sfida delle primarie PD
Intervento di Renzi alla festa provinciale del PD di Piacenza
L’ intervento di Renzi alla festa del PD a Piacenza è stato una buona occasione per ascoltarlo senza il filtro della televisione o dei giornali, per valutare in modo diretto quello che aveva da dire e come lo avrebbe fatto, per sapere se sarebbe stato in grado di convincermi, di coinvolgermi, o emozionarmi.
La novità Renzi ha attratto una folla che non si è sicuramente vista per i notabili intervenuti nei giorni precedenti, ma a mio parere inferiore alla presenza di pubblico alla chiusura della festa nel settembre dell’anno scorso con il segretario Bersani.
Renzi sceglie volutamente una tecnica comunicativa completamente diversa da quella classica dei suoi contendenti, cercando di raggiungere occhi e orecchie di un uditorio fortemente assetato di nuovo. Mentre quelli restano immobili e seduti, lui cammina sul palco verso il pubblico; mentre i primi fanno affermazioni con il tono di chi non può essere contraddetto, lui insinua dubbi, propone suggestioni, si avvicina alle immagini del quotidiano che sono in ognuno di noi; mentre quelli che lui chiama “nonni” interpongono un coordinatore del dibattito tra loro e il pubblico, lui parla a braccio, scherza, raccoglie le battute e risponde immediatamente.
Che dire? Per quanto abilmente studiata, sicuramente una tecnica più leggera di quella un po’ ammuffita che siamo abituati a vedere. Serve per dirci: io sono tra voi, vengo da dove siete voi, ho il coraggio di provare a cambiare, mi serve il vostro aiuto. Indubbiamente un modo di esprimere la richiesta molto più coinvolgente di quello insito nella comunicazione dei politici tradizionali, che sembrano dirci che loro sono i soli ad avere l’esperienza necessaria a governare fenomeni così complessi come i mercati, la finanza, l’Europa, il lavoro, eccetera.. ma di fronte ai quali il popolo non vede l’ora di sbattere in faccia gli “splendidi” risultati ottenuti, alla maggioranza o all’opposizione.
Ed è su questo che gioca Renzi; esclusivamente su questo. La situazione economica, il disfacimento del centrodestra, le politiche di rigore, la stessa nomenclatura del suo partito gli hanno offerto un argomento su un piatto d’argento, e lui ce lo serve con la certezza di avere in mano il piatto più prelibato.
Il risentimento popolare verso l’inconcludenza dell’attuale classe politica, unita agli insopportabili privilegi e alla mancanza di legittimazione dovuta ad una sciagurata legge elettorale, acuiscono in ognuno di noi il desiderio di un cambiamento radicale e profondo, non fosse altro che per dare un virtuale ceffone a chi riteniamo direttamente responsabile della situazione in cui ci troviamo.
Renzi viaggia veloce sul suo camper offrendo alla gente quello che vuole sentire; evita accuratamente di ricordare che non si sta presentando come segretario al congresso del PD per favorire un legittimo ricambio generazionale, bensì come candidato premier per fare il Presidente del Consiglio della Repubblica Italiana. Per questo incarico, almeno per me, non sono sufficienti poche parole confuse sull’Europa, e due brani dai film di Troisi e Antonio Albanese. Ci vorrebbe qualcosa di più. Forse si sentirà più avanti.
Dall’altra parte, Bersani ha il compito di sgonfiargli le gomme, lavorando non solo per dare un’idea rassicurante per il governo dell’Italia, ma anche per soddisfare alcune necessità inderogabili per gli elettori:
1) chi si è auto nominato rappresentante del popolo attraverso le liste bloccate nelle passate elezioni politiche, ora dovrà rinnovare la sua legittimazione, dimostrando di saper prendere i voti in una libera competizione elettorale, oppure passare la mano. Visto che le procedure di partito non prevedono rimozioni o ricambi se non per gentile concessione dei capi, affidare la scelta al popolo è il modo migliore per verificare se questi generali dispongono di eserciti;
2) se non riusciranno a fare una nuova legge elettorale, il PD faccia le primarie ovunque per scegliere i parlamentari, lasciando le destre alla loro deriva populista;
3) è necessario offrire agli elettori una garanzia assoluta che le coalizioni che si stanno preparando non si infrangeranno, come in passato, sui primi scogli. Basti pensare alle politiche economiche da seguire, in cui le posizioni della sinistra radicale sono difficilmente conciliabili con le esigenze di rigore e di bilancio, e con la prospettiva di una drastica riduzione della spesa corrente; oppure a temi ancora più banali, come i lavori per la TAV.
Avendola rinviata troppo a lungo, la sfida per rinnovamento si è imposta prepotentemente all’attenzione generale e si è inserita nella campagna per le elezioni politiche. Risulteranno vincenti le forze politiche che sapranno affrontarla a viso aperto, con coraggio, anteponendo le idee alle persone. Nei prossimi giorni sapremo se il PD riuscirà a vincerla. E’ a rischio la sua stessa esistenza.
Giorgio Alessandrini, 13 settembre 2012.
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