Sebbene il PD sembri incline ad orientare il voto al referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari verso il no, io sono dello stesso parere del Presidente Bonaccini, che si è dichiarato favorevole. E ne spiego i motivi.
La motivazione addotta dai populisti, a partire dai 5stelle, è quella della riduzione dei costi di qualche centinaio di milioni all’anno. Motivazione ridicola, ma capisco che sia allettante per chi si illude che il risparmio sia utile a sanare i conti dello Stato, o anche solo per chi pensa che un bel ceffone alla casta sia più importante di un adeguata rappresentatività popolare.
Ma è proprio qui il punto debole della situazione attuale. Non mi scandalizzerebbe affatto se il numero dei parlamentari restasse inalterato, se esso fosse la vera espressione della volontà popolare, della quale il corpo elettorale si potesse assumere la piena responsabilità , in positivo e in negativo. Ma in realtà non è più così da quasi trent’anni, dall’introduzione della legge elettorale che prese il nome del Presidente Mattarella, con il quale il 75% dei parlamentari veniva scelto col sistema maggioritario a turno unico, e il restante 25% col sistema proporzionale, sulla base di listini bloccati con candidati scelti dai partiti, in modo da non rischiare la bocciatura nel maggioritario. Legge poi sostituita nel 2005 con una molto peggiore e nota come “Porcellum”, poi dichiarata incostituzionale dalla Corte.
Da allora le liste dei candidati sono disegnate esclusivamente dalle segreterie di partito, e non esiste alcun sistema di selezione primaria che sia espressione, se non del corpo elettorale del collegio di riferimento, almeno degli attivisti e militanti delle singole forze politiche.
Riporto qui le poche parole con cui la sentenza della Corte Costituzionale liquidò il Porcellum:
“Dette norme, non consentendo all’elettore di esprimere alcuna preferenza per i candidati, ma solo di scegliere una lista di partito, cui è rimessa la designazione di tutti i candidati, renderebbero, infatti, il voto sostanzialmente “indiretto”, posto che i partiti non potrebbero sostituirsi al corpo elettorale e che l’art. 67 Cost. presupporrebbe l’esistenza di un mandato conferito direttamente dagli elettori. Inoltre, sottraendo all’elettore la facoltà di scegliere l’eletto, farebbero sì che il voto non sia libero, né personale.”
Ne consegue che la responsabilità della pessima qualità e preparazione della classe politica e dei parlamentari è completamente da addebitare ai partiti stessi e alla cecità delle loro segreterie e per nulla agli elettori. Che, quando va bene, votano quel che c’è; altrimenti evitano proprio di votare. Tanto, per quel che vale..
In un contesto simile, che i parlamentari siano 1.000 o 600 non frega niente a nessuno. E se il livello è quel che si vede in tv, meno sono e meglio è.
E il PD, se volesse veramente difendere la rappresentatività popolare, dovrebbe dire chiaro e tondo che lotterà per una legge elettorale che faccia scegliere i candidati agli elettori in ogni collegio, e che finché non ci sarà tale legge, comunque nelle sue sedi lo farà lo stesso. Senza listini bloccati, né eletti “garantiti”.
Perché è così che si rianima la partecipazione, non lo sapevate?
______________________________
Giorgio Alessandrini, 7 agosto 2020