Il risultato delle regionali lascia più sollevati che contenti. Penso però che non ci sia troppo da cantar vittoria. In Toscana, Puglia e Campania le destre ci hanno fatto un regalo, con candidati non all’altezza o ricicloni indigeribili. Trovare nuovi candidati credibili per loro è solo questione di tempo, come dimostrano Marche e Liguria, e prima ancora l’Umbria. Le roccaforti cadono, quando maturano le condizioni.
Sul referendum non c’è molto da gioire. La vittoria del sì sa di amaro. Siamo tutti consapevoli che si tratta di una forzatura causata da un insopportabile stallo di una politica da tempo scollegata dalla realtà profonda di questo paese.
Ora va corretta con una legge elettorale all’altezza, e va ripristinata la prerogativa del sovrano, quella di scegliersi i suoi rappresentanti.
Il Partito Democratico deve assolutamente intestarsi il ritorno ad un sistema di selezione dei candidati di collegio da parte degli elettori e della loro scelta finale nell’urna, magari attraverso il ripristino della preferenza unica.
Mi rendo conto che chi è ormai abituato a sedere in parlamento per cooptazione dall’alto possa fare resistenza, ma non esiste alternativa: il ritorno all’autorevolezza della politica passa per forza dalla scelta diretta dell’eletto da parte del popolo.
Su questo continuerò ad insistere coi vertici.
Non pensiate che sia compito loro. Questa volta è il nostro. Dobbiamo essere noi a esercitare una pressione incontrastabile. È il nostro muro di Berlino. Ed è qui, ed ora. Tocca a noi.
Preparerò un appello sui social.
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Giorgio Alessandrini, 22 settembre 2020