Le tre ore a settimana concordate per riabituarlo alla conversazione diventarono in breve il momento più atteso. Da subito si era sentita circondata e riscaldata da un’estrema attenzione alle inflessioni della sua voce, tanto da provarne un sottile piacere, anche quando lui la fermava dolcemente per riascoltarla in un punto particolarmente delicato. Le sembrava di donare qualcosa di prezioso, ed era lusingata da come ne fosse cosi avido. Alla fine dell’ora, le restava il desiderio di dare di più la volta successiva. E così avveniva, infatti. Lentamente lui cominciava a costruire frasi più articolate, e domande per stimolare le sue risposte. Con soddisfazione, i monologhi diventavano fitte conversazioni, mentre le ore di lezione si prolungavano sempre di più, senza che se ne accorgessero. La seduceva la sete che lo spingeva a farla parlare per ore, intervenendo con maestria nei momenti più intensi, per coglierne tutte le modulazioni della voce e per carpire le più nascoste sottigliezze della lingua. La avvolgeva la sensazione che l’attenzione di lui sapesse esaltarne nuove capacità espressive, disvelandole un’identità in grado di migliorare le sue qualità di insegnante. Si rese conto che quelle sedute erano utili a lui, ma preziose per lei. Corrispondere al suo ruvido ma avido bisogno le apriva una nuova dimensione, in cui far confluire una passione che finora era rimasta algida e distante come quella di una dea, e che invece era fondamentale non solo per l’allievo ma anche per sé stessa. Presto si ritrovò ad accondiscendere, a dispetto dell’ora, al suo desiderio di ascoltarla di nuovo, continuamente, finché non ne fosse pienamente sazio. E a richiedere, in conclusione, di ascoltarlo a sua volta. Serate che la lasciavano soddisfatta, e la portavano a chiedersi chi fosse, in realtà , il maestro.
12 gennaio 2018